La sacralità della montagna

Con riferimento al libro “La montagna cosmica” a cura di Alessandro Grossato (ed. Medusa, Milano,2010) e al capitolo di Domenico Accorinti “La montagna e il sacro nel mondo greco” si analizzano le differenze del rapporto sacro-divino e il passaggio da una personificazione ( per cui la natura fosse animata da forze concepite in termini umani) alla complessità della realtà sovrumana che le montagne simboleggiano nelle religioni politeistiche.

Lo studio si concentra sulla civiltà greca per poi proseguire su altri territori.

Per quanto riguarda le tradizioni religiose spuntano quattro principali funzioni del “dio monte”(anche se Martin P.Nilsson evidenzia quanto i greci si fossero focalizzati, in una prima fase storica, più su un “dio fiume”, a differenza del mondo anatolico e mesopotamico o iberico):

1) axis mundi o sacro centro (montagna cosmica)

2) luogo di rivelazione e visione, ossia di contatto tra divino e umano

3) sede della divinità

4) manifestazione del potere divino.

Ed è proprio in questa pluralità di ruoli che la montagna riveste una peculiare importanza.

Le ricerche archeologiche, iniziate più di un secolo fa nell’isola di Creta, hanno portato alla scoperta di almeno venticinque santuari tra cui quello sul monte Juktas (Canosso) esplorato nel 1909 da Arthur Evans e legato al culto di Zeus e quello di Atsipades (Rethymnon).

I peak santuaries (termine coniato da J.L.Myres) minoici sono meta di pellegrinaggi e sono accomunati da una ampia visibilità del materiale ritrovato, tra cui numerose terrecotte votive.

Lo studioso Alan Peatfield sottolinea quanto l’integrazione del santuario nel paesaggio antropizzato obbedisce a fattori umani in quanto l’accessibilità rende possibile il raggiungimento di coloro che praticavano il culto. Ne sono la prova la topografia religiosa dell’Arcadia e dell’Attica nell’antica Grecia.

Una sacralità diversa da altri popoli, quella dei Greci della polis, che ritenevano determinante la vicinanza della montagna sacra vicina alla geografia della vita politica e culturale e non solo come luogo remoto e quasi soprannaturale. In tal senso ricordiamo il monte Meru (o Sumeru), identificato come il monte Kailash, la montagna cosmica sacra dei buddisti, induisti e giainisti e all’Himalaya in Asia, al Kilimangiaro in Africa, al monte Tacoma (o Rainier) in America.

Siamo giunti così all’Olimpo, situato tra la Tessaglia e la Macedonia, che è per i Greci la montagna sacra per antonomasia. E’ la sede di Zeus, in origine, e degli altri dèi olimpi. Ma l’Olimpo di Omero, dove gli dèi si incontrano e discutono, non è necessariamente sempre il monte tassalo-macedone. Secondo W.M. Sale questa dimora, come dimostrano le formule omeriche, diviene un “non-luogo”, uno spazio che sfugge ad ogni inquadramento per designare genericamente le dimore celesti degli dèi.

Però Merle K. Langdom nel suo “Mountains in greek religion” (articolo pubblicato alcuni anni fa) sottolinea quanto sia diversa la visione del mondo greco, dal lato spirituale, della montagna.

Certo è che i Greci, come il Socrate nel Fedro di Platone (230 d), pensavano che non la campagna e gli alberi, ma solo gli uomini della città potessero insegnare qualcosa a loro e non si sarebbero mai sognati di scrivere, per quanto montuoso fosse il paese, “Noi siamo le nostre montagne” come si legge nel monumento di Stepanakert, conosciuto come Papik-Tatik (in lingua armena “Nonno-Nonna”) che è il simbolo nazionale del Nagorno-Karabakh.

Punti di vista e differenze storiche in cui gli studiosi conribuiscono, con le loro ricerche, ad approfondire quale sia il centro simbolico del mondo e anche il luogo dove l’uomo intende attingere esperienze d’ascesi e di divina rivelazione.

 

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